Adesso, sospesi così, ci mancano tante cose, è vero?
E sì.
Ci manca prima la libertà. Anche quella di non fare niente per scelta. E non per dovere.
Ci mancano le persone, gli affetti, gli amici. Che sentiamo ancora più vicini, forse, ma dei quali non possiamo godere direttamente. E poi chi è lontano e non potrà essere vicino chissà per quanto.
E poi mancano le piccolissime cose. Quelle alla fine marginali. Chè alle grandi ti fai una ragione, ma le piccole ti segnano come goccia sulla pietra.
A me, per esempio, delle piccole cose mancano i due caffè che prendevo al bar. Uno a metà mattinata, uno al pomeriggio, prima del rientro. Prenderli a casa non è la stessa cosa.
Era un rito. Un momento di stop, delle tappe nella giornata.
Ci incontravamo sempre con il barman, con gli habitué, quelli che erano sempre lì alla stessa ora.
Nella strada del mio studio ci sono altre attività commerciali, professionali. E fra di noi c’è un bel legame di cordiale amicizia. Ci si paga il caffè, come è in uso da queste parti. Chi arriva prima paga. Due parole, uno sfottò, una cronaca. Dei sorrisi, un commento, un saluto. C’è un bel legame di strada. Ci salutiamo tutti. Siamo pronti a compiere i più orrendi misfatti, quindi!
C’è il gruppo che la mattina si trova sul marciapiede tra il bar e il mio studio a parlare di tutto e di più. Io lo chiamo “il parlamento”, un po’ come quella antica trattoria di Imola che si chiama ‘E Parlamintè’, per via delle accese discussioni politiche che intraprendevano, anche Andrea Costa!, e, pare, intraprendano ancora i suoi avventori. Quattro o cinque amici che per una mezzoretta discettano come se fossero in un talk show. Hanno le loro specializzazioni settoriali: calcio, agricoltura, bricolage, feste patronali, politica, economia. Come nei talk show, con grande spavalderia e sicumera, però anche con ironia e sfottò, dicono cose vere e tante corbellerie. E’ inutile dire che per loro mai niente andrà mai bene. Però mi mancano anche quelle chiacchiere che passano dalla mia vetrata. Il polso della piazza.
Mi mancano gli sfottò al banconista, juventino perso, fatti dagli avversari di pallone, le chiacchiere con il saggio maresciallo di marina, i commenti di motociclismo con l’amico commerciante di intimo, i resoconti di viaggi con l’ottico, i report di politica con l’avvocato, le fugaci apparizioni del sindaco, sempre indaffarato e preoccupato di fare il meglio possibile, i ricordi delle donne del passato raccontate dall’anziano barbiere stilnovista. Sorrisi, saluti, pacche, battute.
Mi mancano racconti e narrazioni. Quella piccola antologia quotidiana che scaturisce da questo piccolo mondo che mi fa pensare spesso a quella via del Corno di Firenze, scenario immobile di “Cronache di poveri amanti” di Pratolini. Una via che diventa famiglia. Dove il problema di uno è problema di tutti.
Mi manca, insomma, tutta quella piccola socialità.
Ma so che dovremo fare “passaggio” per un po’ per poi goderla ancora di più dopo.
Ci ritroveremo sempre a quel bar. Non come le star, sicuramente, ma lì saremo tutti.
Statemi bene. Stiamoci a casa. Passerà.
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